Corte di Cassazione ordinanza n. 29456 del 7.11.2025
In tema di polizze assicurative con la clausola "on claims made" e obbligo di buona fede ex art. 1892 c.c.
Avv. Sabrina Modena
11/11/20252 min read
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 29456 del 7.11.2025, ha fornito un’importante interpretazione dell’art. 1892 c.c. in materia di reticenza precontrattuale nell’ambito di una polizza assicurativa “on claims made” stipulata da un medico chirurgo pochi giorni dopo il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico. Si precisa che la clausola "claims made" è una condizione di polizza assicurativa che copre le richieste di risarcimento che vengono effettuate durante il periodo di validità della polizza stessa, indipendentemente da quando si è verificato l'evento dannoso. Ciò significa che, per avere una copertura, l'assicurato deve ricevere la richiesta di risarcimento - il "claim"- quando la polizza è ancora attiva, anche se il danno è stato causato in un momento precedente. Nel caso sottoposto all'attenzione della Corte, un chirurgo stipulava una polizza assicurativa professionale il 15.6.2012, tre giorni dopo il decesso di un paziente a seguito di un intervento da lui eseguito. I familiari del paziente deceduto citavano in giudizio la casa di cura e l'equipe medica, tra cui il chirurgo che, a sua volta, citava la propria assicurazione, a manleva. La compagnia assicurativa eccepiva l’inefficacia della garanzia per reticenza ex art. 1892 c.c., sostenendo che il medico avesse omesso di riferire circostanze idonee a far presumere un possibile coinvolgimento in un futuro contenzioso risarcitorio. La Corte d’appello aveva escluso la reticenza, ritenendo che il medico non avesse ricevuto alcuna richiesta di risarcimento né avesse conoscenza di accertamenti medico-legali. La III Sezione Civile ha accolto il ricorso dell’assicuratore, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa per nuova valutazione, affermando il seguente principio di diritto "L’art. 1892 cod. civ. è espressione del consolidato principio per cui il contratto di assicurazione esige dall’assicurato la uberrima bona fides, in quanto solo l’assicurato è a conoscenza delle circostanze che consentiranno all’assicuratore di valutare l’intensità del rischio e fissare il relativo premio. Di talché, la clausola contrattuale che subordini l’operatività della garanzia alla duplice condizione che il medesimo ‘non abbia ricevuto richieste risarcitorie’ ovvero ‘non abbia avuto percezione, notizia o conoscenza dei presupposti di responsabilità’ deve essere interpretata attribuendo a tale seconda condizione autonoma rilevanza rispetto alla prima, con conseguente obbligo di separata verifica anche di quella". Sintetizzando, per la Corte: l’art. 1892 c.c. esprime il principio di “uberrima bona fides”(massima buona fede) che governa il contratto di assicurazione; l’assicurato è tenuto a dichiarare ogni circostanza rilevante per la valutazione del rischio, anche in assenza di richieste risarcitorie formali; l’obbligo di disclosure non deriva dal contratto, ma discende direttamente dalla legge e ha carattere inderogabile, a tutela dell’equilibrio tra rischio e premio; la clausola contrattuale che subordina l’operatività della garanzia alla duplice condizione che l’assicurato non abbia ricevuto richieste risarcitorie e non abbia percepito o conosciuto presupposti di responsabilità va interpretata riconoscendo autonoma rilevanza alla seconda condizione. L’ordinanza in oggetto consolida un orientamento volto a rafforzare la buona fede oggettiva e la trasparenza precontrattuale nel settore assicurativo, con importanti conseguenze: in ambito medico-sanitario, il professionista è tenuto ad un obbligo informativo proattivo, anche in assenza di contestazioni; il comportamento dell’assicurato deve essere improntato a trasparenza, correttezza e responsabilità; le polizze “on claims made” devono essere lette in coerenza con la funzione di corretta valutazione del rischio, non come strumenti di copertura retroattiva di eventi già potenzialmente dannosi; la reticenza colposa è sufficiente a fondare l’inopponibilità della garanzia, senza necessità di dolo.
