Corte di Cassazione sentenza n. 26956 del 7.10.2025
In tema di superamento del periodo di comporto e comunicazione a mezzo whatsapp della malattia
Avv. Sabrina Modena
11/10/20251 min read
Con la sentenza n. 26956 del 7.10.2025, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di patologie particolarmente gravi escluse dal computo del periodo di comporto, la comunicazione dello stato di malattia non può avvenire tramite messaggi informali (es. WhatsApp), ma deve essere formalizzata mediante idonea certificazione medica. Nel caso di specie, il lavoratore, licenziato per superamento del periodo di comporto (245 giorni previsti dal contratto collettivo applicabile), aveva sostenuto che le proprie assenze fossero dovute a una malattia particolarmente grave e, dunque, non computabili. Tuttavia, i giudici di merito avevano escluso tale circostanza, rilevando che: dai certificati medici non risultava barrata la casella “patologia grave che richiede terapia salvavita”; non era stata fornita prova che la malattia comportasse trattamenti salvavita o assimilabili; la comunicazione via WhatsApp con il responsabile aziendale non aveva valore medico-legale. La Corte d’Appello, confermata dalla Cassazione, ha ritenuto corretta tale valutazione, sottolineando che la nozione di “malattia particolarmente grave” ha natura elastica e richiede un’interpretazione conforme al significato letterale, ai principi contrattuali e all’evoluzione della scienza medica. La Suprema Corte ha ribadito che rientrano in tale nozione solo le patologie che necessitano di terapie salvavita, ossia trattamenti indispensabili alla sopravvivenza o al miglioramento della qualità della vita. Ne consegue che il lavoratore deve trasmettere all’azienda una certificazione medica attestante la natura grave e il carattere salvavita della terapia. Pertanto, la Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando che le comunicazioni frammentarie via WhatsApp non costituiscono prova idonea della sussistenza di una patologia grave ai fini dell’esclusione dal periodo di comporto.
