Corte di Cassazione sezione lavoro ordinanza n. 26923 del 7.10.2025
In tema di responsabilità del datore di lavoro
Avv. Sabrina Modena
10/21/20252 min read
Con l’ordinanza n. 26923 del 7.10.2025, la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro ha enunciato un principio di diritto innovativo in materia di responsabilità del datore di lavoro, ridefinendo il contenuto dell’art. 2087 c.c. alla luce dei principi costituzionali (artt. 2, 3, 32, 35 e 41 Cost.). La Suprema Corte ha ribadito che, una volta provato il nesso causale tra le condizioni lavorative ed il danno alla salute, si applica l’inversione dell’onere probatorio: incombe sul datore di lavoro dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee e necessarie a prevenire il pregiudizio, secondo una logica di responsabilità proattiva. Tale principio, già presente nella giurisprudenza (ex multis: Cass. 24217/2023; 16383/2024), trova ulteriore conferma e sistematizzazione e si fonda sulla qualificazione dell’art. 2087 c.c. come norma di garanzia e non meramente obbligatoria. La Corte amplia la nozione di danno risarcibile, includendo non solo il danno biologico, ma anche il danno morale ed esistenziale, legati alla compromissione dell’equilibrio psichico ed emotivo del lavoratore. Il nesso causale viene letto in chiave sistemica e longitudinale, ricomprendendo non solo eventi singoli, ma l’intero contesto organizzativo e culturale dell’ambiente lavorativo. La tutela della salute viene qualificata come obbligazione principale del datore di lavoro e come dovere costituzionale di garanzia, fondato sull’art. 32 Cost. Il diritto alla salute è così integrato nella più ampia tutela della persona nel rapporto di lavoro, con una valorizzazione del lavoro come luogo di dignità e realizzazione. La Cassazione afferma una responsabilità datoriale di tipo organizzativo: non si valuta la colpa individuale, ma l’adeguatezza del sistema di prevenzione e gestione dei rischi, anche di natura psico-sociale. Il datore di lavoro è tenuto a prevedere e neutralizzare anche i rischi non codificati, ma insiti nelle dinamiche aziendali (turnazioni eccessive, carichi emotivi, pressioni, assenza di pause, ecc.). La pronuncia si inserisce nel solco della giurisprudenza europea (Corte di Giustizia UE, causa C-201/15, Borga), che impone agli Stati membri una effettiva protezione del lavoratore contro condizioni lavorative nocive. In tal senso, la Cassazione richiama il valore esistenziale e relazionale del lavoro, superando la visione meramente contrattualistica. L’art. 2087 c.c. viene interpretato in chiave costituzionalmente orientata, come clausola generale di protezione della persona, che impone un dovere di sicurezza integrale (fisica, psichica ed emotiva). Il lavoro, in questa prospettiva, è strumento di vita e non di logoramento. Nel caso oggetto di giudizio, un medico ospedaliero era morto per infarto dopo anni di turni gravosi e sovraccarico emotivo, per cui i suoi familiari avevano convenuto in giudizio l’amministrazione sanitaria, deducendo la riconducibilità eziologica della patologia alle condizioni lavorative. La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda per difetto di prova del nesso causale. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha censurato la decisione di merito, rilevando un vizio logico nella motivazione, per omessa valutazione di elementi probatori rilevanti, arrivando ad emettere l'ordinanza di cui sopra.
